martedì, febbraio 20, 2007

Il Codice Da Vinci


Il motivo principale che mi ha spinta a leggere “Il codice Da Vinci” è stata l’enorme curiosità sviluppatasi attorno a questo romanzo definito da molti un capolavoro assoluto, il libro mastro della verità. La curiosità, si sa, smuove più delle minacce ed è per questo che mi sono avventurata in questa lettura a me piuttosto insolita.
Sono due le considerazioni che si possono fare attorno a questo romanzo: una riguardo al contenuto ed una riguardo alla forma.
Dan Brown è uno storico e come tale ha fatto delle ricerche abbastanza approfondite su un argomento piuttosto delicato: la vita di Gesù Cristo. Attraverso letture di libri poco noti, molti dei quali banditi dalla Chiesa, è emerso che Gesù si fosse sposato con la Maddalena,che abbia avuto dei figli e che la sua stirpe potrebbe ancora oggi essere viva e protetta da una setta. Ops, forse vi ho detto troppo relativamente alla trama, ma a dire il vero credo siano davvero in pochi coloro che non sono stati vinti dalla curiosità come me. Ma torniamo alla trama.
Dunque, se Gesù ha avuto una moglie e dei figli, la domanda nasce spontanea: per quale motivo è stato tenuto nascosto? Perché nelle letture sacre questo aspetto non viene menzionato? E per quale motivo la Chiesa si sarebbe prodigata a tal punto da nascondere e perseguire tutti coloro che sostenevano questa verità? Domande a cui è difficile trovare una risposta. Una delle motivazioni che vengono fornite all’interno del libro riguarda la posizione della donna che la Chiesa ha voluto tenere sottomessa all’uomo. La figura di Maria Maddalena, da moglie di Cristo, viene declassata a prostituta che si redime e conduce una vita dimessa, al servizio degli altri. Tesi avvalorata poi durante il Medioevo, quando le donne venivano considerate dei demoni potenziali e, al minimo sospetto, bruciate sul rogo come streghe. Tutte considerazioni plausibili che però ci lasciano perplessi: dopotutto attuare uno sterminio solo per creare una società patriarcale ci sembra una motivazione poco valida.
Possiamo credere o non credere alle parole di Dan Brown, che tra l’altro fa un’ipotesi e la accompagna con riferimenti a testi, ma tutto questo, dal punto di vista di un credente, cambia davvero poco. In fin dei conti gli insegnamenti di Cristo rimarrebbero tali e quali ed anzi si finirebbe per dare maggiore valore al matrimonio consacrato. Quello che ci atterrisce invece è l’eventuale comportamento della Chiesa e le sue infinite ed oscure manovre. Cose che in ogni caso non sapremo mai. Alla fine, come lo stesso autore finisce per dire, quello che conta in una religione non è credere in qualcosa che sia veramente accaduto, ma credere.
Per quanto invece riguarda la forma prettamente letteraria del romanzo, sono parecchie le perplessità che vorrei sollevare. Dan Brown è uno storico e come tale si è prodigato nella ricerca di informazioni relative ad un particolare argomento. Dopo avere raccolto molteplici testimonianze contrastanti ha deciso di scrivere un libro. Ma se avesse scritto l’ennesimo trattato storico, avrebbe finito per arricchire la biblioteca di testi dedicati solo ad una nicchia, escludendo di fatto tutti coloro che si addormentano dopo le prime 3 righe di qualunque testo storico. Ecco perché l’idea (geniale) del romanzo. Quale modo migliore di raccontare una scabrosa verità condendola con una storia parallela, fatta di suspance, inseguimenti, verità che saltano all’improvviso e qualche morto qua e là? Un colpo di genio che è valso milioni di dollari. Ma Dan Brown è uno storico, non un romanziere, e questo si nota ad ogni pagina del libro: molti periodi inframmezzati da una punteggiatura costante e fastidiosa; un modo di raccontare gli episodi condendoli con inutili giri di parole che cercano, innanzitutto, di allungare la storia e, in secondo luogo, di rimandare il proseguimento della storia ad una decina di capitoli successivi. In questo modo si è indotti a leggere fino alla scoperta della verità, ma con una suspence che è più curiosità infastidita.
Di thriller c’è ben poco perché tutta l’azione è abbastanza scontata, tipica da film americano. Sembra di leggere più un copione che un romanzo. Per chi è un purista della letteratura, come me, non può che soffrire questo stile così banale e dilettantistico di tenere altro il ritmo narrativo. Per chi crede che a fare la bellezza di un romanzo non è la storia ma il modo in cui viene scritto, non può che rimanere deluso dal fatto che il libro più venduto degli ultimi anni sia scritto da chi non sa scrivere.

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