Sì, lo ammetto, odio le discoteche. Ma non è quell’odio che si prova nei confronti di una cosa che non ti piace, bensì l’odio che si prova nei confronti di una cosa che ti fa stare male.
Tutto ebbe inizio parecchi anni fa, quando ancora “lungo la speme e breve ha la memoria il corso”, ovvero quando ero assai più giovane di adesso. I miei cugini mi avevano invitato a ballare in discoteca ed io, lusingata per l’invito, accettai. Il problema principale era come vestirsi. Non essendo a conoscenza degli usi e dei costumi del luogo, misi quello che allora ritenevo l’abbigliamento più elegante in mio possesso (che qui eviterò di descrivere perché farebbe troppo ridere!). superato questo primo empasse subentrava un altro problema: risultare disinvolta e sciolta in pista. Mi avevano sempre detto di non pensare a queste cose, che ognuno pensa solo a divertirsi e che non va mica a guardare che cosa fanno gli altri, e così mi lanciai in pista, cercando di essere il più naturale possibile. Ma come si fa ad essere naturale quando si cerca di imitare i movimenti degli altri?
Comunque la serata trascorse così, in pista, a ballare tutto il tempo, fino a che mi accorsi di una cosa che mi lasciò profondamente atterrita. Mentre tutti gli altri si lasciavano andare e sembravano divertirsi come non mai, la mia mente continuava a frullare pensieri su pensieri, che si accatastavano l’uno sull’altro senza lasciare nessuno spazio per il divertimento. Fino ad arrivare all’apice degli apici, ovvero domandarsi perché gli altri di divertono ed io no. C’è qualcosa di sbagliato in me? Perché non sono come tutti gli altri? Perché non sono capace di lasciarmi andare?
Me ne tornai a casa con un velo di tristezza che fino a quel momento sconoscevo e per tutta la notte non riuscì a prendere sonno perché disturbata dal ronzio della musica che ancora mi era rimasta appiccicata alle orecchie.
Da allora tutte le volte in cui mi trovo in un luogo chiuso, affollato e con la musica ad alto volume avverto un senso di smarrimento, vertigini, difficoltà respiratorie e un impellente bisogno di spazi aperti e arieggiati. Inutile dire che da quel giorno non ho più messo piede in una discoteca, anche se è capitato parecchie volte di stare in luoghi chiusi, affollati e rumorosi. Penso che il disagio dipenda anche dal fatto che soffro di claustrofobia, però adesso che siamo in prossimità del capodanno e tutti vogliono passarlo in discoteca a ballare fino all’alba, io non ho alcuna intenzione di farmi gratuitamente del male (anzi di pagare un sacco di soldi per ledere la mia integrità fisica e morale!).
Tutto ebbe inizio parecchi anni fa, quando ancora “lungo la speme e breve ha la memoria il corso”, ovvero quando ero assai più giovane di adesso. I miei cugini mi avevano invitato a ballare in discoteca ed io, lusingata per l’invito, accettai. Il problema principale era come vestirsi. Non essendo a conoscenza degli usi e dei costumi del luogo, misi quello che allora ritenevo l’abbigliamento più elegante in mio possesso (che qui eviterò di descrivere perché farebbe troppo ridere!). superato questo primo empasse subentrava un altro problema: risultare disinvolta e sciolta in pista. Mi avevano sempre detto di non pensare a queste cose, che ognuno pensa solo a divertirsi e che non va mica a guardare che cosa fanno gli altri, e così mi lanciai in pista, cercando di essere il più naturale possibile. Ma come si fa ad essere naturale quando si cerca di imitare i movimenti degli altri?
Comunque la serata trascorse così, in pista, a ballare tutto il tempo, fino a che mi accorsi di una cosa che mi lasciò profondamente atterrita. Mentre tutti gli altri si lasciavano andare e sembravano divertirsi come non mai, la mia mente continuava a frullare pensieri su pensieri, che si accatastavano l’uno sull’altro senza lasciare nessuno spazio per il divertimento. Fino ad arrivare all’apice degli apici, ovvero domandarsi perché gli altri di divertono ed io no. C’è qualcosa di sbagliato in me? Perché non sono come tutti gli altri? Perché non sono capace di lasciarmi andare?
Me ne tornai a casa con un velo di tristezza che fino a quel momento sconoscevo e per tutta la notte non riuscì a prendere sonno perché disturbata dal ronzio della musica che ancora mi era rimasta appiccicata alle orecchie.
Da allora tutte le volte in cui mi trovo in un luogo chiuso, affollato e con la musica ad alto volume avverto un senso di smarrimento, vertigini, difficoltà respiratorie e un impellente bisogno di spazi aperti e arieggiati. Inutile dire che da quel giorno non ho più messo piede in una discoteca, anche se è capitato parecchie volte di stare in luoghi chiusi, affollati e rumorosi. Penso che il disagio dipenda anche dal fatto che soffro di claustrofobia, però adesso che siamo in prossimità del capodanno e tutti vogliono passarlo in discoteca a ballare fino all’alba, io non ho alcuna intenzione di farmi gratuitamente del male (anzi di pagare un sacco di soldi per ledere la mia integrità fisica e morale!).
Voglio un capodanno tranquillo. Sono anormale????