mercoledì, novembre 19, 2008

Mille splendidi soli

Nonostante siano trascorsi già 6 mesi da quando ho terminato di leggere “Mille splendidi soli”, quando penso a Mariam e a come la vita sia stata così dura per lei non posso fare a meno di commuovermi. I primi tempi è stato difficile: scoppiavo in lacrime e mi sentivo la gola stretta da un grosso nodo. Non riuscivo a darmi pace, non riuscivo ad accettare l’ineluttabilità dei fatti, non riuscivo a comprendere come la crudeltà e il desiderio di potere fossero in grado di distruggere una cultura millenaria e di arrecare tante atroci sofferenze al genere umano.
Lo so che si tratta di personaggi di pura fantasia ma sono personaggi che vivono una realtà che purtroppo non è finzione e che è ancora presente.
Se avete letto o visto “Il cacciatore di aquiloni” e vi è sembrato triste, questo lo è 100 volte di più. Il romanzo narra la storia di due donne, molto diverse tra loro, per età, cultura ed educazione. Due donne che si ritrovano a vivere in Afganistan nel periodo forse più brutto di tutta la sua storia; due donne che istaurano tra loro un sentimento di amicizia talmente grande da andare oltre l’immaginario. Ora voi penserete: ma per quale ragione devo farmi del male leggendo una storia che è così triste? Semplice: perché non è una tristezza fine a se stessa. Ci sono sentimenti, passioni, sofferenze, piccole gioie che in certi contesti assumono proporzioni smisurate.
E poi c’è la storia di un paese, l’Afganistan, che fino al famoso 11 settembre era del tutto sconosciuto al genere umano salvo poi diventare famoso come una terra barbara, povera, disastrata, abitata da gente ignorante ed estremista, pronta a dare la vita dei propri figli in cambio di una ricchezza divina nell’oltretomba. Non è affatto così. Leggendo questo libro si scopre che un tempo l’Afganistan era un paese civile, vessato si da una serie di tensioni di natura razziale, ma un paese in cui splendidi palazzi ed immensi giardini facevano da cornice alla popolazione. La gente viveva, studiava, lavorava, si curava dai medici, faceva la spesa ai mercati, andava alle feste… C’erano i ricchi e c’erano i poveri così come ci sono in tutti i paesi del mondo; c’erano le persone cattive e c’erano coloro che difendevano i diritti dei più deboli, così come accade in tutti i paesi del mondo; e c’era soprattutto la pace ed un modo di vivere la religione serena e senza estremismi. Poi sono accadute tante cose, raccontate attraverso le parole ed i pensieri di chi in questa terra ci ha vissuto, anche quando le bombe fischiavano sopra i tetti e distruggevano intere famiglie, anche quando furono posti una lunga serie di divieti (come ridere, cantare, ballare), anche quando le donne furono trattate come meno che niente.
Si la storia è triste ma allo stesso tempo commovente e bellissima. Impariamo ad affezionarci a Mariam, Laila, Tariq ed i loro genitori. Impariamo ad apprezzare questa terra così bella e così martoriata e alla fine guardiamo in modo differente la storia.

domenica, novembre 09, 2008

I Beati Paoli


Ho appena finito di leggere i Beati Paoli e scrivo con l’impeto di chi è rimasto commosso dall’epilogo di tutta la vicenda.
Potrei parlarvi del periodo storico in cui si svolge la storia, a cavallo tra il 1600 ed il 1700, quando parecchie dominazioni si alternavano sul regno di Sicilia, con buona rassegnazione della popolazione che tanto non vedeva mutata la propria condizione; potrei parlarvi della giustizia, che tutto perdonava ad una nobiltà troppo potente e fiera, e si accaniva contro la povera gente che non solo subiva, ma non aveva nulla per potersi difendere; potrei parlavi di una setta segreta che aveva il compito di riparare ai torti della giustizia e che grazie al coraggio di uomini incappucciati, affrontava enormi pericoli; potrei parlarvi dei molteplici protagonisti le cui vicende infiammano queste più di 800 pagine, ma è di una di loro che oggi mi sento di parlare, di una donna forte che grazie alla sua passionalità ha modificato il corso della vita sua e delle persone che le stavano accanto.
Donna Gabriella era una donna giovane e molto bella, di quella bellezza che attraeva ed inebriava gli uomini. Molti le ronzavano attorno, la riempivano di complimenti e la corteggiavano, ma lei, lusingata da tante premure, rimaneva indifferente ed il suo cuore mai si abbandonava a sussulti. A 20 anni la fecero sposare con Don Raimondo, duca della Motta, che aveva 25 anni più di lei. Un matrimonio che si consumava nella reciproca indifferenza con buona rassegnazione dei due coniugi e dal quale non nacquero figli.
Poi un giorno spunta dal nulla un giovane misterioso, bello, forte, coraggioso, che difendeva i più deboli e combatteva le ingiustizie: Blasco da Castiglione. Fra i due nasce subito l’amore ma Blasco, per rispetto del marito, decide di rinunciare a questo amore con grande dispetto di Gabriella. Questa infatti, sentendosi rifiutata nel suo amore e nella sua passione, comincia a nutrire per Blasco molteplici sentimenti, tra i quali spuntano anche odio e desiderio di vendetta. Sentimenti che accrescono quando si accorge che Blasco si innamora di un’altra donna, Violante, figlia della prima moglie di don Raimondo. A quel punto Gabriella fa di tutto per impedire il loro amore ed in un impeto di violenza tenta pure di accoltellare la figliastra.
Molte cose accadono poi e Blasco decide di cambiare aria e parte per la Spagna. Al suo ritorno, dopo 5 anni, ritrova Gabriella, ormai vedova, che dopo la morte del marito ha condotto una vita austera. Molti pensano che si tratti di un eccessivo rispetto al defunto marito, ma in realtà ella soffriva per la partenza dell’uomo amato e per l’impossibilità di amare qualcun altro. Per questo quando lo vede spuntare nuovamente dal nulla gli si getta tra le braccia e Blasco, commosso dall’amore di questa donna tanto bella, tanto passionale e tanto innamorata, finisce per cedere.
Gabriella ama Blasco.
Ma Blasco ama Gabriella?
Questo lui non lo sa. Prova per lei affetto ed una infinita riconoscenza per quel suo modo di donarsi e di amarlo. Ma non gli basta. E poi nel suo cuore c’è ancora Violante. Tuttavia si sacrifica, per la sua felicità.
Gabriella però sente che l’uomo che ama non contraccambia. La gelosia le rode l’anima, le insinua nella mente ogni più piccolo sospetto, sarebbe pronta ad uccidere entrambi se li scoprisse assieme. Tenta in tutti i modi di fare riaccendere la passione ormai sopita in lui ma con scarsi risultati. Tenta allora di dimostrargli che lo ama sopra ogni cosa e finisce addirittura per salvare la sua rivale. Un giorno infatti uccide un uomo che stava per violentare la ragazza, e lo fa solo perché sa che questa cosa renderebbe felice Blasco.
Che strana donna è Gabriella: se avesse acconsentito a quell’oltraggio forse Blasco avrebbe finito per allontanarsi ancora di più da Violante, ma lei agisce sempre di istinto e l’istinto le ha portato a fare tutto ciò.
Questo però ancora non basta. Il suo sacrificio ha avuto l’effetto di tenere Blasco legato a lei per riconoscenza; ha avuto l’effetto di tenere Violante (infinitamente riconoscente verso la matrigna) lontana da Blasco; ma non ha spento nei cuori né di Blasco né di Violante l’amore l’uno per l’altro. Ed allora, per dimostrare che a Blasco che lei lo ama anche a costo del sacrificio, si avvelena, davanti ai loro occhi, offre ad uno la mano dell’altra e chiede loro di ricordarsi di questo sacrificio.
A quel punto non ho potuto fare a meno di esclamare: che donna!
Amava un uomo con tutta se stessa: l’idea di vederlo tra le braccia di un’altra suscitava in lei mostruosi desideri di vendetta, ma quando si è resa conto che il cuore di lui non sarebbe mai stato suo, ha capito che doveva mettersi di lato. Ma saperli insieme le provocava troppa sofferenza e quindi ha preferito morire per non soffrire più.
Questa storia mi ha commossa ed è per questo che ho voluto raccontarvela. Forse vi ho rivelato il finale del romanzo e se quindi avreste voluto leggerlo ora sapete come va a finire. Ma in questo romanzo ci sono molti retroscena e molte altre storie che vale la pena di leggere.