giovedì, gennaio 31, 2008

Bianco e nero

Cast
Fabio Volo, Ambra Angiolini, Eriq Ebouaney, Katia Ricciarelli, Franco Branciaroli, Anna Bonaiuto, Bob Messini, Aïssa Mäiga, Teresa Saponangelo
Regia
Cristina Comencini
Sceneggiatura
Cristina Comencini, Giulia Calenda
Durata
01:40:00
Data di uscita
Venerdì 11 Gennaio 2008
Genere
Commedia
Distribuito da
01 DISTRIBUTION (2008)

Probabilmente la trama non è tra le più originali ed il finale è abbastanza scontato, però questo film riesce a raccontare con ironia e leggerezza un tema abbastanza attuale e delicato come la convivenza multietnica. È facile parlare, lanciare campagne di sensibilizzazione, impegnarsi per fare costruire un pozzo in Africa ed impedire a dei poveri bambini di fare ogni giorno decine di km per procurarsi acqua potabile, lottare per abbattere il razzismo e sentirci tutti sullo stesso piano; ma quando si viene coinvolti direttamente, quando si è presi in prima persona, quando ad essere coinvolti siamo noi e i nostri sentimenti, siamo davvero così bravi a mettere in pratica ciò che predichiamo?

La storia è semplice: Carlo è un uomo, bianco, fa il tecnico informatico, è sposato con un attivista pro-africa ed ha una bambina; Nadine è una donna nera, lavora all’ambasciata senegalese in Italia, è sposata con uomo nero, anche lui impegnato nella lotta contro il razzismo, ed ha due bambini. Carlo e Nadine si conoscono, si innamorano, lasciano le loro famiglie e ben presto si rendono conto che quello che più brucia ai loro ex coniugi non è tanto il tradimento ma essere andati con una persona dalla pelle di colore diverso. E meno male che predicavano tanto l’antirazzismo!

La cosa bella di questo film è che da un’interpretazione da tutti e due i punti di vista. Se per i bianchi è strano frequentare una persona così diversa, altrettanto si può dire per i neri. Ci sono troppe barriere culturali, troppi pregiudizi, troppe difficoltà che da un lato uniscono la coppia ma dall’altro la dividono. Insomma, una specie di “Indovina chi viene a cena” dei giorni nostri con una passionale un po’ più palese.

Alla fine del film sentivo qualche commento stupito: “Ambra non me l’aspettavo così brava”. Era lo stesso stupore che ho avuto anche io quando l’ho vista in “Saturno contro”, film che le ha fatto vincere qualche premio importante. A volte ci sorprendiamo di come certi personaggi arrivino al successo senza sapere fare niente e solo dopo diversi anni scoprono quale è il loro vero talento e lo mettono in pratica. Peccato solo che siano davvero pochi quelli di talento.

Vorrei spendere due parole nei confronti di Fabio Volo: il ragazzo è simpatico, fa il dj, scrive libri, fa film… insomma sa fare un po’ di tutto ma nessuna di queste cose la sa fare veramente bene.


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lunedì, gennaio 28, 2008

La mafia fa schifo (ma Totò Cuffaro mancu cugghiunia)


Praticamente da sempre non facciamo altro che collezionare una serie di brutte figure nei confronti dell’Italia e del resto del mondo, che finiscono per aggravare la pessima opinione che tutti hanno nei nostri confronti. Non bastava avere rieletto come presidente della regione Totò Cuffaro, già indagato per mafia; non bastava che al termine di un lungo ed estenuante processo quest’ultimo risultasse colpevole e condannato a 5 anni per favoreggiamento; non bastava che, nonostante la condanna, il nostro caro presidente se ne tornasse alla sua poltrona come se nulla fosse accaduto, a lavorare per noi e per il nostro bene; ebbene, non bastava tutto questo, ci voleva pure festeggiare la condanna a suon di cannoli, come se avesse vinto alla lotteria! Unire 2 elementi caratteristici della nostra Sicilia: l’elemento positivo, le nostra tradizione culinaria, con l’elemento negativo, quella mafia che da sempre ci sporca. D’ora in poi tutti accomuneranno i cannoli con la mafia…. Vi rendete conto del danno morale?

Alla fine le dimissioni tanto attese sono arrivate, al termine di un discorso pronunciato dal nostro ex presidente in cui lui, agnello sacrificale vittima di una giustizia malsana ed ingiusta, si vedeva costretto ad abbandonare il suo incarico per non compromettere il lavoro del suo parlamento. Discorso tanto aulico quanto inutile poiché una lettera di sospensione stava per arrivare alla sua scrivania.

E tutto questo dopo i manifesti formato gigante che qualche tempo fa tempestavano tutte le strade, con la scritta “LA MAFIA FA SCHIFO” e firmati dallo zio Totò in persona. Manifesti pagati ovviamente con i nostri soldi.

Ma la cosa più triste in assoluto, che ancora di più ci danneggia come immagine, è che nel confronto di due anni fa, che vedeva contrapposto un indagato per mafia come Cuffaro, e una vittima della mafia come Rita Borsellino, ha visto vincere (anzi stravincere) il primo, come a voler ribadire una strada intrapresa e portata avanti.

Che tipo di messaggio stiamo trasmettendo al resto del mondo? Mafiosi siamo e mafiosi vogliamo rimanere, ecco il concetto, ecco il nostro più grande disonore.

Purtroppo il nostro sistema elettorale, ancora oggi, si basa sul porta a porta. Un tizio bussa alla tua porta e ti regala centinaia di bigliettini elettorali con il suo nome. Poi, con voce pacata, amichevole, gentile e rassicurante, si dispiace del fatto che nella tua famiglia ci sia tuo fratello, tuo padre, tuo marito, tuo zio, ecc… che purtroppo non ha un lavoro stabile. Certo ci vorrebbe un miracolo per “farlo impostare”, così tutta la famiglia ne trarrebbe giovamento. Ma aspetta un attimo, fallo pensare, forse forse una soluzione ci sarebbe. Lui conosce qualcuno che conosce qualcuno che conosce qualcuno che sta nei piani alti e volendo ci potrebbe mettere una buona parola. Magari certe situazioni si sbloccano e se tutto va bene potrebbe fare il nome del tuo parente e tutto si risolverebbe. Certo però se lui fosse eletto tutto sarebbe più facile, anzi non ci sarebbero problemi.

E gli elettori, come tanti caproni, si fanno infinocchiare da queste promesse che alla fine produrranno la bellezza di un panettone del discount a Natale e tanti cari saluti.

Siamo ignoranti, siamo stupidi e certe cose ce le meritiamo. La mafia, dopotutto, fa parte della nostra stessa natura e in fin dei conti un po’ ci fa comodo, se non altro per addossarle tutte le colpe dei nostri fallimenti.


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mercoledì, gennaio 23, 2008

L'amore ai tempi del colera - Il film


Un film di Mike Newell. Con Javier Bardem, Giovanna Mezzogiorno, Benjamin Bratt, Catalina Sandino Moreno, Hector Elizondo, Liev Schreiber, Fernanda Montenegro, Laura Harring, John Leguizamo. Genere Drammatico, colore 138 minuti. - Produzione USA 2007. -

La cosa triste sapete quale è? È che tutti coloro che hanno visto il film ma non hanno letto il libro si sono convinti che la storia sia così come l’hanno vista sul grande schermo. Niente di più sbagliato.

Non che la trama del film abbia avuto particolari variazioni, anzi bisogna dire che si è attenuta al romanzo ed anche i tagli apportati non sono stati così drastici, tuttavia è l’effetto finale che ha sbagliato completamente direzione.

Innanzitutto manca la passionalità, il trasporto, la carica emotiva che trasmettevano le pagine di Marquez. Anzi se c’è una cosa che bisogna sottolineare è che, sebbene leggere Marquez non è mai facile, quello che però piace è la passionalità tipica dei sudamericani che trasuda dalle sue pagine. Non si legge Marquez perché ci si vuole rilassare; non si legge Marquez sotto l’ombrellone; non si legge Marquez la sera prima di addormentarsi (anche se a volte ispira proprio il sonno); ma si legge Marquez perché si vuole fare un viaggio in un mondo carico di forti emozioni che ti rimangono dentro anche se pensi che è tutta finzione letteraria.

Ebbene questa passionalità nel film manca. Ed anche i personaggi risultano un po’ accennati e lasciati a metà. Tutti loro sono combattuti da quelle che sono le regole della ragione e quelle che sono le regole (anche se non si dovrebbero chiamare così) del sentimento e della passione. E siccome sono due cose che fra di loro cozzano assai, il loro intento di farli convivere si trasforma in un tormento. L’unico ad abbandonarsi alla passione, tralasciando tutte le convenzioni del caso, è Fiorentino Ariza, che non è un poveretto qualunque che si dichiara innamorato di una donna e poi, per dimenticarla, va a letto con altre 600 fanciulle. È tutto sbagliato, non è questa la sua vera natura e non è questo il suo intento. Lui non è un pazzo o un presuntuoso o un ometto che si attacca morbosamente ad un amore giovanile. In realtà dietro a questo amore c’è tutta la purezza di un sentimento vero che va ben oltre ogni cosa. E che importa se per coronare il suo sogno dovrà aspettare 50 anni e superare le barriere che lei continua a frapporre fra loro? E quando alla fine lui dichiara di essersi conservato vergine per lei, il pubblico ride fragorosamente. E grazie! Visto così fa veramente ridere, ma provate a leggere tutto il libro (sempre se ci riuscite) e poi vedete che l’effetto di queste parole cambia completamente.

Anche Fermina Daza è accennata e basta. Certo la Mezzogiorno nei panni di una sedicenne è poco credibile. La situazione migliora quando lei comincia ad invecchiare ed allora le espressioni cambiano e diventano più realistiche. Ora perché lei prima cede all’amore di Fiorentino e poi, per un motivo apparentemente così futile, lo lascia e si sposa con un dottore per il quale non sembra provare nulla? Non lo sapete vero! È ovvio, perché non si capisce nulla. In realtà Marquez ci spiega che Fermina incontra l’amore quando è troppo giovane ed ingenua per riconoscerlo, anzi ne ha paura e quando la ragione comincia a farsi spazio tra i suoi pensieri, allora lo disconosce e preferisce fare una scelta più ovvia e più saggia, salvo poi pentirsene per tutta la vita.

E Juvenal Urbino? Chi è veramente costui? È un medico, un bravo medico, capace di combattere il colera nel suo paese, ma anche un uomo che crede molto in certi valori e quando finisce per provare una forte attrazione per un’altra donna, anche lei sposata, vive questo momento con un tormento tale che non riuscirà più a dormire. Ma tutto questo nel film non lo si coglie.

In sostanza, che cosa rimane di questo film? Bè, da salvare c’è sicuramente la fotografia, che è a dir poco spettacolare e che rispecchia in pieno quelle che erano state le mie proiezioni mentali su tutta l’ambientazione. Per il resto un ritmo troppo lento, scene buttate lì a caso senza una connessione logica e tanta amarezza per qualcosa di veramente bello che però non è stato trasmesso. Ma dopotutto non era un’impresa facile.


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martedì, gennaio 08, 2008

Arriva in Italia Harry Potter e i doni della Morte


5 mesi! Questo è il tempo necessario che abbiamo dovuto attendere per vedere pubblicato in italiano l’ultimo capitolo della saga di Harry Potter, “Harry Potter e i doni della morte”. Io mi ero illusa che già a luglio, in contemporanea mondiale, il libro potesse arrivare tradotto in tutte le librerie, ed invece non soltanto sono stata delusa, ma coloro che lo hanno letto in inglese non sono stati capaci di tenere la bocca cucita ed hanno spiattellato il finale. Ho cercato in tutti i modi di non ascoltare ma purtroppo mi è bastato accendere il TG per avere rivelato tutto, in pochi secondi, togliendomi il piacere della lettura.

Per questo l’uscita del volume in italiano ha avuto in me un impatto meno ricco di attesa rispetto alla versione in inglese. So già come finisce: e che piacere c’è? Dopo che mi sono letta gli altri 6 volumi tutto d’un fiato, dopo che ho gioito ed ho pianto per tutte le vicende che si sono susseguite, dopo tutto questo c’era nei confronti di questo ultimo atto un desiderio smodato di sapere come va a finire tutta la storia. Però saperla così, come una voce di corridoio, come un pettegolezzo volante, come un gossip rivelato con tanto ardore e compiacimento… Che tristezza!

Ma poi alla fine ci sono tante cose che ancora non so e che le scoprirò solo leggendo. Per esempio, quale mistero si cela dietro la figura di Piton? Insomma, è cattivo o buono? E poi perché si arriva a questo finale? Che cosa accade a tutti gli altri personaggi? Come andranno a finire le altre faccende?

Eh sì, lo ammetto, lo attendevo con ansia ed ero già pronta, la notte tra il 4 ed il 5 gennaio, a fiondarmi in libreria per comperare subito l’ultimo volume. Ma alle 8 di sera del 4 gennaio mi arriva una telefonata. È M. che mi dice di avere trovato una copia del libro nella libreria sotto casa mia.

“Che faccio lo prendo?” mi dice lui.

“Eh certo, prendilo!”.

E con 4 ore di anticipo, con una manovra scorretta del libraio, ho in mano l’ultimo volume e comincio a leggiucchiarlo. Però vado a vedere lo stesso l’apertura straordinaria delle librerie e non posso fare altro che pavoneggiarmi, di fronte a coloro che si accalcano, di avere già una copia del libro sul mio comodino e che già la sto leggendo…

mercoledì, gennaio 02, 2008

La guerra di Troia - capitolo 9 - La pazzia di Ulisse

Dopo lunghe trattative e preparativi infiniti finalmente la gigantesca flotta di navi greche era pronta per salpare dal Peloponneso alla volta di Troia. I guerrieri più valorosi già si sfregavano le mani contando mentalmente il numero dei nemici che avrebbero eliminato, eppure la loro euforia venne smorzata quando ci si accorse che all’appello mancava uno dei guerrieri più importanti, ovvero Ulisse, re di Itaca, che con la sua astuzia di certo sarebbe stato assai utile alla causa. Ma dove era Ulisse? E perché non si era presentato?
Agamennone (che nel frattempo era stato nominato generale di tutta la flotta) ed il fratello Menelao partirono insieme alla volta di Itaca per sincerarsi della situazione ma quando giunsero sull’isola si trovarono di fronte ad uno spettacolo tanto inatteso quanto sconcertante: Ulisse, vestito di pochi e malandati stracci, portava su e giù per la spiaggia un aratro trainato dai buoi e andava seminando sale. Ora noi tutti sappiamo bene come si ottiene il sale eppure Ulisse sembrava assai convinto della sua teoria e a sua volta voleva convincere gli increduli Agamennone e Menelao della sua straordinaria scoperta. Poverino, non faceva altro che ripetere frasi sconnesse e senza senso e aveva delle smorfie che non facevano presagire nulla di buono. Possibile che un uomo così furbo ed astuto avesse perso il senno ed ora fosse condannato a vagare come un poveraccio? I due fratelli, tanto increduli quanto sconfortati, se ne tornarono con la coda fra le gambe e con la consapevolezza di avere perso un uomo assai importante.
Ovviamente Ulisse non era diventato pazzo, anzi era più lucido che mai e questo altro non era che l’unico stratagemma che gli era venuto in mente per evitare la guerra. Dopotutto un oracolo gli aveva predetto che se fosse partito avrebbe impiegato 20 anni prima di tornare in patria, e gli oracoli non mentono mai. Già pensava di averla fatta franca e di essere riuscito ad ingannare tutti, ma non aveva fatto i conti con un altro uomo ritenuto assai più furbo ed intelligente di lui: Palemede.
Di Palamede sappiamo che era figlio di Nauplio, re di Eubea, e nipote della danaide Amimone. Divenne assai famoso grazie a molte delle sue invenzioni e scoperte, come il faro, i pesi, le lettere doppie dell’alfabeto, i numeri e alcuni giochi. Ma soprattutto per avere smascherato l’inganno di Ulisse.
Infatti Palamede, recatosi ad Itaca, andò a prelevare il piccolo Telemaco direttamente dalla sua culla e lo pose davanti ad Ulisse mentre trafficava con l’aratro. Il re di Itaca, di fronte alla visione del proprio figlio indifeso, ebbe un istintivo sobbalzo che lo smascherò e mentre Palamede rideva bullandosi della sua bravura nell’avere smascherato un simile inganno, Ulisse mogio mogio si spogliò del suo costume per indossare l’armatura e partire come tutti gli altri alla volta di Troia. Ma di certo questo simile affronto non fu dimenticato. Qualche tempo dopo, mentre la guerra imperversava, Ulisse fece trovare nella tenda di Palamede una finta lettera scritta da Priamo nella quale lo ringraziava per le preziose informazioni fornitegli. Palamede quindi fu accusato di tradimento e condannato a morte con la lapidazione. Questo servì ad Ulisse a saziare la sua sete di vendetta, ma di certo non lo aiutò a tornare prima dalla sua famiglia!
Ma tornando all’accampamento, ora tutto sembrava davvero pronto, più nessuno mancava all’appello…. Un momento, a pensarci bene qualcuno mancava, anzi mancava proprio l’eroe più atteso, il più forte e valoroso, colui che incuteva timore negli avversari con la sola sua presenza: Achille! Passi per Ulisse che con moglie e figlio a carico aveva le sue buone motivazioni per restare a casa, ma che cosa mai poteva trattenere Achille dal partire, lui che non aspettava altro che guerre e combattimenti per mostrare il suo valore e coprirsi di gloria? Questo si che era un vero mistero.

La guerra di Troia - capitolo 8 - Il patto di alleanza

Povero Menelao, quale pesante tegola si era abbattuta sulla sua testa: la moglie era scappata via con un principe troiano ed ora non soltanto doveva convivere con il senso di abbandono che gli lacerava il cuore in due, ma doveva anche fronteggiare tutte quelle chiacchiere che lo volevano “cornuto e bastonato”. Sì perché sebbene la versione ufficiale proclamasse a gran voce che si era trattato di un rapimento, lo sapevano tutti che in realtà Elena se ne era andata di sua spontanea volontà, trovando Paride più affascinate e più intrigante del marito. Per giorni e giorni Menelao pianse lacrime di dolore chiuso nella sua stanza, e quando il dolore si esaurì completamente dal suo cuore, emerse un altro sentimento altrettanto forte e lacerante: odio e desiderio di vendetta. Se avesse avuto Paride tra le mani lo avrebbe squartato in due, lo avrebbe fatto morire di morte atroce e violenta, lo avrebbe deturpato e reso irriconoscibile al mondo intero. E se avesse avuto Elena tra le mani… che cosa le avrebbe fatto? A volte pensava di destinarle la stessa sorte, ma altre volte pensava che aveva solo voglia di riabbracciarla e di ricominciare daccapo con lei. Poveretto!

Ma quel gesto non poteva rimanere un fatto personale. Forse era giunto il momento di riesumare quell’antico patto stipulato molti anni prima da tutti i principi greci che aspiravano alla mano di Elena. Nessuno poteva tirarsi indietro, non ci si può sottrarre ad un giuramento solenne fatto davanti agli dei.

Agamennone, fratello di Menelao e re di Micene, sebbene non avesse partecipato al giuramento, gli diede subito il suo appoggio, così come la maggior parte degli altri principi che, nonostante oramai si fossero accasati con altre donne, non vedevano l’ora di combattere in guerra. Mostrare la propria forza e il proprio valore, tornare in patria da eroi con bottini ricchissimi (che in genere consistevano in oro, cavalli e donne bellissime costrette a fare le schiave e a soddisfare ogni desiderio del proprio padrone) era una prospettiva ben più allettante della monotona vita quotidiana! E poi quale uomo avrebbe potuto più dormire sonni tranquilli sapendo che da un momento all'altro chiunque avrebbe potuto rubargli la moglie e coprirlo di vergogna per il resto della vita?

Ma non tutti erano felici di combattere. C’era per esempio Ulisse, re di Itaca, che si era sposato con la bella e fedele Penelope ed aveva appena avuto un bambino di nome Telemaco. Che cosa gliene importava di combattere contro i troiani per riprendersi Elena? Che cosa gliene importava a lui di avere oro, cavalli e schiave bellissime se ad Itaca c’era tutto quello che desiderava? Bisognava evitare questa guerra e lui sapeva come fare. Convinse Menelao ad agire per via diplomatica ed insieme partirono per Troia, chiedendo di parlare con il vecchio e saggio re Priamo.

E il vecchio re Priamo, troppo intimorito per prendere una decisione così forte da solo, si rimise al suo popolo, in quello che sarebbe stato il primo referendum popolare della storia!

Ulisse, che in quanto ad arte oratoria non aveva nulla da invidiare ai nostri attuali politici, cercò di convincere tutti che una guerra sarebbe stata catastrofica, che avrebbe portato solo morte e distruzione, e che se invece avessero restituito Elena al suo legittimo marito, tutti avrebbero vissuto per sempre in pace, felici, contenti e via discorrendo. Ed il popolo troiano, ammaliato dal bel modo di parlare di Ulisse, pendeva dalle sue labbra ed avrebbe fatto qualunque cosa egli avesse detto se solo Menelao, impaziente come un marito tradito nell’orgoglio, non si fosse alzato in piedi e non avesse cominciato a lanciare spergiuri contro il popolo troiano definendolo ladro ed usurpatore. Di fronte all’oltraggiosa offesa i troiani divennero ostili e preferirono la guerra mentre Ulisse, divenuto rosso dalla rabbia, avrebbe volentieri lanciato Menelao tra la folla per essere massacrato. Era giunto ad un passo dal primo storico accordo diplomatico che forse avrebbe insegnato ai popoli futuri quanto siano stupide le guerre, ed invece quello sciagurato aveva rovinato tutto a causa del suo smisurato bisogno di vendetta.

Ma ancora Ulisse non si rassegnava alla partenza e si arrovellava la mente alla ricerca di un altro stratagemma.


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