lunedì, novembre 16, 2015

Lezioni di yoga: ma chi me lo doveva dire?

Ma chi me lo doveva dire che un giorno mi sarei iscritta ad un corso di yoga? Forse la domanda dovrebbe andare ancora più a ritroso: chi me lo doveva dire che un giorno mi sarei iscritta ad un corso che prevede una qualunque attività fisica? Siamo onesti, sebbene sia sempre stata contraria alla vita sedentaria, l'idea di un impegno fisso a settimana in cui occorre fare attività e pure fatica mi ha sempre lasciata molto più che perplessa. Ho sempre preferito fare a modo mio, con l'unico risultato di non avere la benché minima continuità.
Eppure adesso credo che i tempi siano maturi. E' un periodo di grande rinnovamento e tutto è iniziato dal taglio di capelli, involontario, accidentale, poco accettato, e via discorrendo. Ma c'è, e me ne sto facendo una ragione, anche se da qui a dire che mi piace ce ne corre di acqua. Di solito chi taglia i capelli in modo così radicale è perché ha bisogno di cambiamenti. Io ero in una posizione in cui di tutto avevo bisogno, fuorché di un cambiamento. Però adesso mi sto rendendo conto del contrario, che forse questa presa di coscienza forzata ci voleva, per dare davvero un taglio al passato, e soprattutto per costruire le basi di un nuovo futuro.
Perché yoga? Semplice, perché tutti quelli che me ne hanno parlato, mi hanno elencato solo benefici, e di fronte ai benefici non si può dire di no.
Trovare questo corso di yoga è stato relativamente semplice. Cercavo qualcosa vicino casa ed il primo centro che ho trovato, a 5 minuti di auto, era gestito da un tizio che si fa chiamare Showman. Si esatto, come uno dei personaggi del romanzo/film Io che amo solo te. Già mi immaginavo un Francesco Salvi pronto ad accogliermi e a spiegarmi i principi di questa antica disciplina orientale. Ma le apparenze spesso possono ingannare ed un tentativo l'ho voluto fare. Per fortuna al telefono non ha risposto nessuno e quindi ho desistito. E poi ho trovato un piccolo centro benessere a 15 minuti da casa, gestito da persone che mi sembrano molto valide e che fanno proprio al caso mio.
Domani prima lezione. Non vedo l'ora di cominciare.

martedì, novembre 10, 2015

X Factor e l'insostenibile leggerezza dei talent show

Ormai da qualche settimana ha avuto inizio la nona edizione di X Factor, uno dei primi e più amati talent show che va alla ricerca di nuove voci da lanciare nel mondo della musica. La formula è sempre la stessa, ovvero migliaia di giovani (e meno giovani) che si presentano ai provini e vengono selezionati da 4 giudici esperti del settore, per poi essere proposti ai live show dove, attraverso eliminazione diretta, ne resterà soltanto uno. Al vincitore un contratto con la casa discografica, tanta pubblicità e l'augurio di un grande successo. E fin qua nulla di nuovo. Quest'anno, per la prima volta, i giudici sono 4 musicisti che di dischi ne vendono parecchi, come Elio, Skin degli Skunk Anansie, Mika e Fedez. Insomma una bella squadra.

Confesso di avere seguito con un notevole entusiasmo alcune delle edizioni precedenti tuttavia, con il passare del tempo, questo talent show ha perso per me interesse. I motivi sono parecchi.
Innanzitutto la formula, sempre uguale, e quindi a lungo andare noiosa: le assegnazioni di brani già esistenti che vengono reinterpretati dai concorrenti con nuovi arrangiamenti, le esibizioni con tanto di coreografia spettacolare, i commenti che a volte sembrano esaltare problemi inesistenti e osannare banali prestazioni, il televoto e la consacrazione. Insomma, sempre la stessa solfa. Va bene direte voi, queste sono le regole, non è che si possa fare diversamente. Ed avete ragione, sulla formula c'è poco da fare. I problemi sono altri.

Quello che noto è che i personaggi più originali, estrosi, che possono portare innovazione, nella maggior parte dei casi vengono scartati, per fare posto a coloro che molto di più si adattano a quello che vuole il pubblico. Perché chi decide veramente chi deve andare avanti è sempre il pubblico sovrano. Ma poi il pubblico sa veramente ciò che vuole? Il bello dell'arte non è riuscire a sorprendere con qualcosa che nessuno si aspetta?
Spesso i commenti dei giudici sembrano pilotati, come se si volesse influenzare il giudizio finale, mandando avanti alcuni a discapito di altri. Complottismo? Non so, il dubbio però rimane.

Alla fine viene fuori un cantante che ha vinto interpretando brani bellissimi del passato (spesso in inglese) e poi viene "costretto" a fare un disco di canzoni più o meno commerciali, molte delle quali passano inosservate. A parte Mengoni che ha un successo strepitoso (e comunque ha dovuto faticare non poco, rischiando quasi l'anonimato), molti sono praticamente finiti nel dimenticatoio e altri si sono ricavati una piccola fetta di seguaci. Insomma quello che emerge non è tanto la mancanza di nuove voci ma la mancanza di autori interessanti. E' vero che le vie del successo sono sempre molto articolate ed incomprensibili, tuttavia l'innovazione negli ultimi anni si fa sempre più latente.
Ed è per questo che ultimamente seguo X Factor con notevole distacco.
Ma questa ovviamente è solo la mia opinione, che vale quanto il due di coppe quando la briscola è a mazze.

mercoledì, novembre 04, 2015

Le scarpe, la corsa ed il mare

Le vedete queste scarpe? Bellissime, vero! E pure molto comode. Le ho prese 2 anni fa con l'unico intento di indossarle solo ed esclusivamente per andare a correre, perché sono state concepite per questo, hanno una camminata fantastica che accompagna il piede nel suo movimento e riducono al minimo gli sforzi dell'articolazione. 
Ma in questi due anni le ho usate per fare tutto tranne che correre: escursioni, passeggiate, viaggi, arrampicate sugli scogli, foto di mareggiate con tanto di acqua fino alle ginocchia, e nessuna corsa. Vi starete chiedendo perché. Semplice, perché in questi 2 anni non ho mai corso.
I motivi potrebbero essere svariati. Innanzitutto ho il vago sospetto che il mio corpo sia incompatibile con la corsa e me lo comunica in tutti i modi possibili ed immaginabili. Per esempio non posso fare a meno di indossare i cerottini nasali, quelli che aiutano a non russare, perché senza di essi dopo 3 secondi non riuscirei più a respirare e finirei per soffocare di spasmi. Effetti indesiderati: nausea ed insonnia.
Dopo pochi passi comincia quel fastidioso dolore al fianco, tipo un coltello conficcato che non se ne vuole andare più e si placa solo dopo che ti sei fermato a prendere fiato. E poi c'è il prurito che ti invade dappertutto, sulla pancia, sulle gambe, sul viso: una tragedia!
Certo questi motivi potrebbero far desistere chiunque, ma il motivo principale della mia vita sedentaria è un ginocchio malandato, con cartilagine oramai consumata e dolori debilitanti che negli ultimi tempi hanno reso persino spiacevole camminare. Figuriamoci correre.
Poi in primavera fisioterapia intensiva, muscolatura che si è potenziata di parecchio ed un'intera estate trascorsa senza la benché minima traccia di dolore, neppure sotto sforzo, neppure sulla cima di una lunga scalinata. A questo punto perché non riprovare la corsa?
Complice un persistente stato d'ansia che mi accompagna oramai da settimane, una voglia sempre più crescente di buttare fuori tutta l'energia che ho dentro e soprattutto giornate soleggiate con un cielo bellissimo, oggi pomeriggio ho fatto debuttare le mie Nike che finalmente hanno adempiuto al compito per il quale erano state generate.
Solo 20 minuti tra corsa e camminata, per non appesantire troppo il ginocchio e vedere come va. Lo scenario era dei più invitanti, lungomare praticamente deserto, acqua calma e limpida, sabbia bianca ed immacolata, cielo terso e quel senso di pace che renderebbe semplice anche il compito più arduo.
Devo ammettere che nella corsa non ero serena, anzi ero preoccupatissima ed attenta ad ogni minima traccia di dolore. Qualche fitta ogni tanto ma nulla di compromettente. Invece tanto sudore e tanta voglia di ripetere l'esperimento nei prossimi giorni.

martedì, novembre 03, 2015

Guardare Kiss me Licia a 40 anni e trovarlo piacevole

Se mi avessero detto che a 40 anni mi sarei rivista tutte le puntate di Kiss me Licia con la stessa passione e smania di sapere come va a finire che avevo a 13 anni, forse gli avrei riso fragorosamente in faccia. Figuriamoci! A 40 anni avrò sicuramente ben altro di più importante da fare. Ma è bastato fare zapping una mattina, con la consueta tazza di yogurt e cereali per colazione, per imbattermi su Italia 1 e sulla seconda puntata del suddetto cartone animato, per risvegliare l'antico entusiasmo oramai sopito. Ah, la maturità dei 40 anni!
E siccome non avevo alcuna intenzione di seguire le puntate una al giorno, soprattutto in un orario in cui dovevo prepararmi per andare al lavoro rischiando di perdermi pezzi importanti della storia, perché non cercare su youtube? E Santo youtube ha fatto il miracolo e mi ha restituito un canale con tutta la serie caricata, puntata per puntata. Che dire se non "Wow"?

Questo cartone animato fu mandato in onda per la prima volta a metà degli anni 80, quando avevo circa 13 anni. A quel tempo frequentavo le scuole medie e sognavo anche io un giorno di incontrare il ragazzo dei miei sogni che avrebbe riempito la mia vita di romanticismo e smancerie, come è successo a Licia. In realtà, guardandolo con gli occhi adulti, scopro che si tratta di una serie zuccherosa e smielata fino al diabete, a tratti del tutto inverosimile, ricca di stereotipi ed ovvietà. Tuttavia questa accertata consapevolezza non mi ha per niente bloccata ed ho continuato a guardare puntata dopo puntata con lo spirito innocente e spensierato che avevo a 13 anni.
Vabbè ho esagerato, però vi posso garantire che sono veramente tornata indietro nel tempo e certe scene mi hanno fatto veramente commuovere. Vuoi vedere che ancora dentro di me dorme quello spirto romantico e sdolcinato ch'entro mi rugge? 

La protagonista, come si evince dal titolo, è Licia, ragazza di 16 anni, che vive a Tokio con il padre, il burbero ed apprensivo Marrabbio (che già il nome la dice lunga). Di giorno lavora al ristorante di famiglia e di sera frequenta il liceo. Licia è una ragazza semplice, dal carattere mite, molto dolce, senza particolari aspirazioni nella vita. E tutti si innamorano di lei: Satomi, Mirko e persino il piccolo Andrea, in cerca di una figura femminile che interpreti il ruolo di quella mamma che non ha mai avuto. Il personaggio di Licia a tratti è veramente fastidioso, perché è così altruista, sempre preoccupata a far stare bene tutti, così innocente e sognatrice, ingenua e "piagnucolosa", in poche parole del tutto irreale, oltre che il prototipo perfetto della figura femminile di un mondo maschilista, in cui la donna deve vivere in funzione del proprio uomo!
Tuttavia se pensiamo che questo cartone è ambientato nel Giappone degli  anni 80 e che i 16 anni di allora non sono i 16 anni di oggi, forse molte cose vanno più accettate come fattori storici che come prese di posizione. Del resto anche gli altri personaggi femminili, come Manuela e Marika, dal carattere più risoluto ed indipendente, in realtà sembrano avere poche aspirazioni per il futuro se non quello di sposare il proprio uomo e renderlo felice in tutto e per tutto.
Ma oltre alla storia ci sono le canzoni, cantate dai Bee Hive, questo gruppo pop che, con melodie molto anni 80 e capigliature dai colori improbabili, infiammava concerti affollati da ragazzine in pieno risveglio ormonale. Devo dire che le canzoni, seppure con parole un po' banalotte, hanno un sound ancora oggi molto accattivante. Lo so, se le ascoltassi oggi per la prima volta le scarterei dopo pochi secondi, ma il potere della memoria rende tutto molto più bello di quanto in realtà non sia.
E quindi viva i Bee Hive!

lunedì, novembre 02, 2015

Io che amo solo te

Certe cose ti inseguono a tal punto che prima o poi finisci per essere acciuffato. Avevo visto questo romanzo di Luca Bianchini in libreria già diverso tempo fa, praticamente quando uscì e, sebbene fossi attratta dalle innumerevoli recensioni positive, la lettura della trama non mi aveva del tutto entusiasmata. L'avevo un po' relegato nella lista dei "romanzi leggeri" magari da leggere quando si ha voglia di distrarsi, e per tale motivo è rimasto lì, in libreria, in attesa che mi decidessi a comprarlo.
Poi sabato scorso degli amici ci invitano al cinema a guardare proprio la trasposizione cinematografica di questo romanzo di successo e, complice quella famosa voglia di distrarsi che in effetti negli ultimi tempi si è fatta sempre più preponderante, ho ceduto alla tentazione e sono andata a vederlo.
Confermo che la trama non è nulla di così innovativo. Si tratta di una commedia romantica leggera e divertente, come ce ne possono (e ce ne sono) tante in giro. Protagonista l'amore in svariate sfaccettature, come quello tra due giovani che si apprestano al matrimonio tra mille dubbi e ripensamenti, o come quello tra due persone non più giovanissime ma che a causa dei pregiudizi hanno dovuto rinunciare alla propria felicità. Tuttavia a volte a fare la differenza sono altri aspetti, come la capacità di raccontare, personaggi attuali e ben strutturati, un contesto pittoresco come quello del sud Italia, cieli azzurri che mi hanno quasi fatto dimenticare la pioggia scrosciante fuori dal cinema, attori molto bravi ed un paio di ore durante le quali  ti rilassi e ti diverti in modo intelligente ed ironico.
Devo ammettere che sempre più sto apprezzando il cinema italiano rispetto a quello americano, specie se nel cast ci sono attori davvero molto bravi come l'intramontabile Michele Placido, la sempre divertente Luciana Littizzetto, Riccardo Scamarcio (la cui visione vale il prezzo del biglietto!) che trovo molto più a suo agio in ruoli comici che seri, e tanti altri ancora.
A questo punto non mi resta che cedere definitivamente alla tentazione e leggere qualche altro romanzo di Luca Bianchini.

sabato, ottobre 31, 2015

Rimedio ad un brutto taglio di capelli

Succede che una di quelle che apparentemente avrebbe potuto essere una giornata come tante altre, innocua e senza sussulti, monotona e rassicurante, si trasforma in una delle peggiori di tutta la tua esistenza e senza possibilità alcuna di recupero. Una di quelle che non fai altro che ripeterti: "Ma perché stamattina non me ne restavo a casa invece di uscire?". Una di quelle che ti fa gridare "Ma chi me lo ha fatto fare?".
E pensare che nulla poteva in alcun modo fare presagire al disastro: sveglia al solito orario, colazione, in auto verso il lavoro, tutta la mattina seduta in ufficio davanti al computer, e all'una stacchi. E fin qui ci siamo.Tuttavia, anziché dirigerti verso casa come tutti i giorni, vai dal parrucchiere. Nulla di trascendentale, appuntamento preso da giorni per una normale spuntatina. Dopo un'estate di sole, mare, vento e frequenti shampoo il capello sembra un po' stressato, inaridito, sciupato, e ti invoca di prendere provvedimenti. Spuntatina di rito insomma.
Poi però, quando ti siedi e cominci a raccontare al tuo parrucchiere come vuoi procedere, succede uno di quei rari ma terribili fenomeni naturali ancora del tutto inspiegabili e che rappresentano un mistero per tutta l'umanità: alla parola tagliare, le orecchie del parrucchiere si chiudono e non c'è verso di fargli sentire tutto quello che viene dopo, tipo che i capelli non li vuoi troppo corti, che basta solo riprendere il taglio precedente, un 2/3 dita al massimo, non di più, ecc.. ecc... L'unica parola che esce dalle sue labbra è un "Ho capito tutto, ci penso io", con quel tono rassicurante che ti fa abbassare ogni guardia.
Ti rilassi, perché in effetti quando qualcuno ci tocca la testa il rilassamento avviene in automatico, e solo dopo parecchi minuti ti accorgi che cominciano a volare per aria lunghe ciocche di capelli con un colore assai simile al tuo. Un momento, ma quelli sono i tuoi capelli!
Il terrore scorre nelle vene, il sangue si raggela, vagonate di succhi gastrici invadono lo stomaco, un senso di smarrimento ti colpisce alla testa. 
Respirone, manteniamo la calma, magari stai solo esagerando. Con una vocina flebile ed educata dici "Ma non sono troppo corti?". Lui risponde "Tranquilla, fidati di me". E tu vorresti fidarti però in effetti il taglio è veramente corto e anche se lui si fermasse adesso sarebbe impossibile tornare indietro.
Quando finisce lui, con estremo orgoglio, ti mostra allo specchio quello che a senso suo è il suo capolavoro mentre per te è il peggiore disastro dell'ultimo millennio. E a nulla vale quel "Stai benissimo" ripetuto fino allo sfinimento. Non stai per niente benissimo, perché la persona allo specchio non sei tu, ma qualcuno che ha la tua faccia ma i capelli di qualcun altro.
E' finita. E adesso che si fa?
Magari ci devi fare solo l'occhio, dopotutto non sono così male, un taglio alla moda e ben eseguito. Ma non c'è verso, non ti piacciono per niente, anzi ti fanno proprio schifo. Tutti ti riempiono di complimenti, sembra che il nuovo taglio abbia un successone, ma a te continuano a non piacere ed in fin dei conti il parere che conta di più dovrebbe essere solo il tuo, visto che con questi capelli ci devi convivere.

Corri su internet e cerchi disperatamente rimedi per un brutto taglio di capelli, ma dopo infinite ricerche ti accorgi che l'unico rimedio è la rassegnazione, e la pazienza. Prima o poi ricresceranno, anche se per raggiungere i livelli di un tempo ci vorranno due anni.
E' la fine.
Rassegnazione vieni a me.

giovedì, ottobre 29, 2015

La tentazione di essere felici

Sinceramente non lo so se questo libro mi è piaciuto oppure no. L'ho scoperto un po' per caso leggendo qualche recensione sparsa nella rete, in un periodo in cui, stremata dalla lettura tanto appagante quanto sfibrante di Zola, ero alla ricerca di qualcosa di più leggero, che mettesse un po' meno a dura prova le mie capacità intellettive, ma che allo stesso tempo non le umiliasse!

Effettivamente il romanzo ha centrato in pieno tutte quelle che erano le mie aspettative. Il protagonista, un uomo di quasi 80 anni, racconta in prima persona e con uno stile molto autoironico il suo attuale stato di vita: tanti errori commessi nel passato, due figli che quasi non gli parlano, una moglie morta da 5 anni, una lista infinita di avventure ed amanti, uno stato di salute non eccellente e la voglia di vivere in santa pace i pochi anni che gli restano. La lettura è molto piacevole e scorrevole, anche se a tratti diventa un po' prevedibile, ma tutto sommato non da tutto questo fastidio, specie se si considera che si tratta di un'opera prima.

Anche le tematiche affrontate sono piuttosto attuale, come la difficoltà di recuperare un rapporto con dei figli così cresciuti e così diversi, o la violenza domestica sulle donne, vista con gli occhi di uno spettatore che vorrebbe fare qualcosa ma che poi rimane bloccato.
Insomma una serie di ingredienti non di poco conto. Tuttavia questo romanzo non mi ha mai coinvolta in pieno, non mi sono immedesimata nei personaggi come spesso mi accade quando la lettura mi prende e non ho mai cercato di capire come sarebbe andata a finire. Semplicemente ho lasciato scorrere le pagine fino alla fine ed ore che l'ho archiviato posso dire che non mi ha lasciato nulla di profondo.

Non saprei dire se è colpa del romanzo o semplicemente di un mio attuale stato d'animo poco propenso alla lettura. La verità è che a me piace leggere ma ultimamente non riesco a trovare nulla che mi soddisfi.
Ho bisogno di letture appaganti!

lunedì, luglio 20, 2015

Lorenzo negli Stadi 2015 - Messina

E pensare che quando è arrivato per la prima volta al successo nel 1988 non lo sopportavo affatto. Mi sembrava uno sbarbatello senza un minimo di cultura che scimmiottava i rapper americani e si vantava di essere il pioniere del rap in Italia. Canzoni come Gimme Five, E' qui la festa, Ciao Mamma, Vasco e via discorrendo erano per me l'apoteosi della banalità, e se mi avessero detto che un giorno sarei andata a vedere un suo concerto avrei riso a crepapelle per giorni e giorni.
Eppure in più di 25 anni di carriera Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, ha avuto un'evoluzione artistica e musicale impressionante, del tutto inimmaginabile agli esordi. Chi poteva anche solo lontanamente sospettare che dietro quel ragazzetto col cappellino con la visiera al contrario si nascondesse una persona con tante cose da dire ed un'energia invidiabile? In questi anni ha tirato fuori una canzone dietro l'altra ottenendo sempre un grande successo. Da L'ombellico del mondo a Tanto3, da A te a Gli immortali, da Baciami ancora a Mi fido di te, da Tensione evolutiva a Tutto l'amore che ho, da Fango a Penso positivo e tantissimi altri successi, esplorando diversi generi musicali e sonorità, cambiando continuamente il sound dei suoi brani e tutto questo con testi mai banali, sempre molto ricercati, sempre molto significativi e mai noiosi. Come è possibile che una sola persona possa avere una carica ed una creatività che ogni volta ti sorprende?

Tutto secondo me ha avuto inizio da Penso positivo, brano in cui Jovanotti ha veramente espresso il suo modo di vivere e di intendere la vita. Avrebbe potuto essere una di quelle canzoni in cui si buttano giù parole ad effetto per accaparrarsi i favori del pubblico, ed invece mai  testo fu più veritiero. In tutti i suoi brani successivi il pensare positivo è stato l'unico vero filo conduttore. Spesso le canzoni più belle sono anche quelle più tristi e più struggenti. Jovanotti invece conquista con canzoni che parlano di energia, di vita, di sentimenti, di gioia e riesce sempre ad arrivare diritto al cuore.
Ed è per questo motivo che lo scorso sabato 18 luglio ho assistito per la prima volta ad un suo concerto, in quel di Messina, e mi sono divertita parecchio. 
Non è un concerto ma uno spettacolo. Un grandissimo spettacolo in cui musica ed immagini si fondono, curato in ogni minimo dettaglio. Tutto inizia con un filmato dal futuro in cui Jovanotti lavora come cuoco in un futuristico fast food. La comparsa di Ornella Muti come ologramma e il dono di una tuta da supereroe riportano Lorenzo ai giorni nostri, con l'unico compito di ristabilire il caos in un mondo che è troppo perfetto e quindi irreale.
Ogni brano è accompagnato da immagini ed elaborazione grafica che si fonde con le immagini in tempo reale del concerto. Lo spettatore viene investito da questa immensità, da questa maestosità, in cui niente sembra lì per caso e tutto è studiato nei minimi dettagli. In tutto questo Jovanotti canta per 2 ore e mezza senza mai fermarsi un momento, saltando, ballando, cambiando abito una decina di volta, scendendo ad abbracciare il pubblico e con il sorriso sempre stampato sulle labbra. E' impossibile pensare che abbia 48 anni. Voglio dire, ma dove cavolo la prende tutta questa energia?
Durante tutto il concerto mi ha trasmesso la sua positività, la sua voglia di vivere, la sua grandezza artistica. Insomma, un artista a 360° che non smette mai di stupire. Fenomenale!

E poi è anche un gran bel ragazzo! Solo lui può permettersi di indossare quegli abiti così appariscenti che addosso a chiunque altro sembrerebbero ridicoli, mentre su di lui fanno una grande figura. Ma lui continuerebbe ad essere un gran bel tipo pure vestendo un sacco di patate!

Grazie al concerto mi sono concessa anche un fine settimana fuori, ospite a Sinagra a casa di Laura. Sono stati 2 giorni veramente piacevoli: bere birra fino alle 2 di notte con gli amici; fare colazione con granita e brioche, fare il bagno nello splendido mare di Capo D'Orlando, mangiare i prodotti tipici dei Nebrodi; e poi ovviamente il concerto. Ah, che vita dura!!!!!

lunedì, giugno 15, 2015

Grace di Monaco


Dite la verità: almeno una volta nella vita, magari da bambina, non avete desiderato sposare il principe azzurro e vivere per sempre la vostra favola dentro uno spettacolare castello? L'idea è intrigante ed il suo fascino cattura l'attenzione, ma sarà davvero tutto oro ciò che luccica? Sarà davvero per sempre felici e contenti?
In effetti il grande schermo ha portato più volte all'attenzione storie di "principesse tristi", da Maria Antonietta a Diana. Storie di donne "costrette" a vivere in una prigione dorata, fatta si di abiti sfarzosi, feste e tanto benessere, ma a che prezzo?  Perché quando devi smettere di essere te stessa e comportarti solo da principessa, moglie e madre, rispettando tutte le regole che sono state imposte al tuo ruolo; quando ti viene impedito anche solo di esprimere una tua opinione; quando ti accorgi che hai perso per sempre la libertà, l'oro smette di luccicare e il quotidiano diventa una pesante croce da portare.
Ed è proprio sulla falsa riga di questo genere cinematografico che Grace di Monaco si dipana almeno per la metà del film. Grace Kelly, stimata attrice holliwoodiana, vincitrice di un premio oscar, ad un certo punto decide di abbandonare tutto e vivere la sua favola accanto al principe Ranieri di Monaco. Ma la favola dura poco e Grace si sente intrappolata in una vita che non le appartiene e che le impedisce di essere se stessa. E poi le manca il cinema, il suo mondo, quello che sa fare meglio.
Eppure la sua infelicità finirà quando si renderà conto che il ruolo più affascinante e più difficile da interpretare è proprio quello che sta vivendo,, il ruolo di principessa e moglie di un uomo impegnato a proteggere gli interessi del proprio paese. A questo punto la connotazione fiabesca comincia nuovamente a prendere forma ed il film cambia registro.

Devo ammettere che questo film mi è piaciuto molto, contrariamente alle aspettative che avevo in merito, anche se il mio consenso non è pieno al 100%. Mi sono sentita in qualche modo risucchiata dall'atmosfera quasi claustrofobica del primo tempo, dettata dall'ansia di Grace, impegnata a cercare di dare un senso alla sua vita ed intrappolata ad un bivio: se resto sarò infelice per sempre, ma se scappo non rivedrò mai più i miei figli. Non mi ha invece emozionato il lato fiabesco, che invece mi è sembrato un po' forzato e poco coinvolgente. Se il senso voleva essere che con l'amore e la volontà si ottiene sempre tutto, allora non l'ho colto.
Bravissima Nicole Kidman, attrice stimatissima che fino ad ora non mi ha mai convinta. In questa pellicola invece mi è piaciuta molto.

giovedì, marzo 05, 2015

La teoria del tutto


Pur non avendo una conoscenza approfondita del suo lavoro ho sempre stimato Stephen Hawking, sia per il contributo dato alla scienza sia per la capacità di affrontare e gestire una così grave malattia che nella maggior parte dei casi toglie molto alla dignità umana. Ma quando lo scorso anno l'ho visto comparire in alcuni episodi di The Big Bang Theory ho capito che dentro a quest'uomo non c'è solo genialità ma una capacità di autoironia davvero sorprendente, in grado di dare una lezione di vita a tanti. Perché un uomo che non si arrende al destino, ma lo combatte, riesce a comunicare così tanto e rimane sempre una persona così piena di vitalità e voglia di ridere allora è davvero una persona speciale.
Ed è per questo che quando è uscito il film dedicato alla sua vita non ho potuto fare a meno di andarlo a vedere. Sarò sincera, non è stato facile, una serie di contrattempi mi hanno fatto rimandare più volte ma ciò che conta è arrivare all'obiettivo finale.
Il film, tratto dal romanzo di Jane Hawking, prima moglie di Stephen, dal titolo "Verso l'infinito, la mia vita con Stephen", è molto toccante e racconta gli anni difficili in cui Hawking scopre di essere affetto da una terribile malattia che lo porterà alla paralisi totale e fino alla morte nel giro di due anni. Hawking, a quel tempo brillante studente universitario ventenne, accoglie la notizia con un certo sconcerto ma sarà sempre circondato dall'amore delle persone care che  lo sosterranno e lo aiuteranno ad arrivare alle sue rivoluzionarie scoperte scientifiche che lo hanno reso famoso.
Il film racconta la storia d'amore tra Stephen e Jane, che decidono di sposarsi e creare una famiglia nonostante le avversità e le innumerevoli difficoltà che la malattia porrà loro. Due personalità molto forti, caparbie, decise, che non si arrendono mai. Da un lato Jane, la moglie, che rinuncia ad avere una vita "normale" pur di stare accanto all'uomo che ama; Jane che si sobbarca sulle spalle tutto il peso della famiglia; Jane che sopprime i sentimenti che prova per un altro uomo; Jane che impone ai medici di non staccare la spina quando Stephen sta per morire e gli da una seconda chance di vita. Dall'altro Stephen, una mente geniale, di quelle che non hanno bisogno di stare ore ed ore sui libri a studiare; Stephen che non si arrende e ci dimostra che il cervello è la parte più importante del nostro corpo e grazie ad esso possiamo superare tutti gli ostacoli; Stephen che continuerà il suo lavoro imperterrito.
La storia ci insegna che dietro un grande uomo si nasconde una grande donna. Alla fine il merito se lo prende sempre l'uomo, perché la donna ha un ruolo talmente marginale che spesso non è neppure necessario nominarla. Ma senza l'amore di Jane, Stephen sarebbe mai riuscito ad arrivare fin dove è arrivato?

giovedì, febbraio 26, 2015

Il matrimonio che vorrei

Ieri sera facendo zapping in tv mi sono imbattuta in un film molto carino che mi è piaciuto tanto. Il titolo non faceva presagire nulla di buono: "Il matrimonio che vorrei", mi sembrava la solita commedia romantica ricca di smancerie e situazioni inverosimili, con tanto di lieto fine e sdolcinata da fare venire il diabete. Poi leggendo la trama ho scoperto che la protagonista è Maryl Streep, una delle mie attrici preferite, ed allora mi sono decisa a guardarlo. Ed ho fatto bene!
Il film in realtà è davvero una commedia romantica ma tratta tematiche interessanti, come l'evoluzione di una coppia con alle spalle parecchi anni di matrimonio. Key e Arnold sono sposati da 31 anni e vivono una esistenza tranquilla e serena. Ma da quando i figli si sono sposati a loro volta e quindi sono andati via di casa Key, una donna timida ma dal carattere risoluto, si sente molto inquieta. Si rende che la convivenza con il marito è stata fin troppo assorbita dalla routine, che si limitano a vivere sotto lo stesso tetto ma non hanno più nessun contatto fisico, neppure una carezza o uno sguardo. Decisa a ravvivare la passione oramai morta e defunta, Key si rivolge ad un noto consulente, coinvolgendo il marito che si mostra riluttante e contrariato. Riuscirà la consulenza a ravvivare questo matrimonio?
Il film è davvero molto gradevole ed anche se la maggior parte delle argomentazioni ruotano attorno al sesso, non scade mai nella banalità, nel ridicolo, nell'ilarità. Il rischio di un'assurda parodia è stato scampato e questo lo si deve innanzitutto ad una sapiente regia, ma soprattutto alla bravura dei suoi interpreti.
Come detto prima la protagonista, Key, è interpretata dalla sempre straordinaria Maryl Streep. Io non capisco come faccia questa donna ogni volta ad interpretare ruoli sempre differenti e ad essere sempre naturale e a suo agio. Da Kramer contro Kramer, a La morte ti fa bella, da I ponti di Madison County a Iron Lady; da Il diavolo veste Prada a Julie & Julia; da Prime a La casa degli spiriti. Ruoli drammatici, comici, impegnativi, leggeri per lei non sono un problema. Ogni volta è sempre brava, credibili, perfettamente centrata nel ruolo. Non a caso ha vinto 3 Oscar ed ha avuto 19 nomination. Una garanzia.
Il marito Arnold è interpretato dall'ottimo Tommy Lee Jones, capace di mostrare le sfaccettature di questo uomo all'inizio distaccato e rassegnato alla routine, poi romantico e innamorato.
Il regista è David Frankel, quello de Il diavolo veste Prada.
Le risate sono assicurate, ma allo stesso tempo non mancano i punti di riflessione.Perché anche se si è sposati da tantissimo tempo non bisogna mai lasciarsi andare alla routine e alla noia, ma occorre sempre trovare un po' di tempo da dedicare al nostro compagno, e ricordargli quanto sia importante per noi.