lunedì, febbraio 11, 2008

Federico Moccia: come fare successo parlando di banalità

Premetto che non nutro una particolare stima nei confronti di Silvio Muccino. Non che mi abbia fatto qualcosa di particolare, ma ritengo che la sua faccia troppo da bravo ragazzo e quella lingua di pezza che ancora si porta dietro nonostante le cure, gli tolgono credibilità in molti dei suoi ruoli. Comunque non è di lui che volevo parlare oggi, e questo penso lo avevate già capito dal titolo del post. Il vero motivo per cui l’ho tirato in ballo è stata una sua affermazione in merito al fenomeno Moccia che mi permetto di riportare qui “In lui la gente trova quello che vuole sentirsi dire”.

Ora voi vi chiederete il perché di questa colta citazione. Ebbene era da parecchio tempo che mi domandavo il motivo di questo inspiegabile successo e finalmente il buon Muccino è riuscito ad illuminarmi. Ma a questo punto occorre che io faccia una seconda premessa per dare anche un senso a tutto ciò che sto per scrivere.

Di Moccia avevo sentito parlare già da tempo, ed in particolare del suo romanzo più celebre “Tre metri sopra il cielo” che gli ha dato tanta fama e tanta gloria. Lo vedevo sempre esposto in libreria ma per un motivo o per un altro, nonostante mi sia trovata sul punto di acquistarlo parecchie volte, alla fine non l’ho mai fatto. Il motivo del mio traviamento era scaturito da una lotta interiore molto agguerrita: se da un lato non amo i fenomeni di massa, dall’altro c’è una forte curiosità da parte mia nei confronti di tutte quelle cose che riescono ad ottenere un così grande successo. In poche parole mi piace capire il segreto di tanto successo,

avere una mia opinione personale e potere dire che una cosa è bella o brutta solo con cognizione di causa. È grazie a questa curiosità che ho letto “Il codice Da Vinci” di Dan Brown e posso affermare, adducendo tutte le motivazioni del caso, che non mi è piaciuto; ed è sempre grazie a questa curiosità che ho letto tutti i libri di Harry Potter e posso affermare, sempre in modo dettagliato, i motivi per cui mi è piaciuto. Quindi perché negare anche a Moccia il privilegio di passare sotto l’attento esame del mio giudizio?

L’occasione si è presentata qualche anno fa, quando in TV hanno dato, in prima visione, “Tre metri sopra il cielo”. Quella sera, tra l’altro, ero da sola a casa e non avevo niente di meglio da fare. Perché non approfittarne?

E così mi sono piazzata davanti il televisore con tutta la buona volontà necessaria, ma dopo un quarto d’ora ho iniziato a nutrire serie perplessità. Ho voluto continuare, facendomi del male volontariamente, ma già alla fine del primo tempo avevo preferito accendere il pc e chattare su C6! (per la cronaca, anche se la cosa non vi interesserà più di tanto, quella sera conobbi un ragazzo molto interessante, con il quale ci scrivemmo parecchie e-mail, e che poi ho perso di vista).

Ho trovato tutto così banale. È la più classica delle classiche storie d’amore tra una liceale (carina, molto brava ragazza, che va bene a scuola e non disubbidisce ai genitori) che finisce per innamorarsi del bulletto di quartiere, un ragazzo apparentemente molto violento, che va in giro con la sua moto ed il giubbotto di pelle a fare gare pericolose e a picchiare gli altri ragazzi. Insomma niente di nuovo che non sia già stato raccontato in Grease o addirittura in “Sentieri”.

Eppure, nonostante la banalità e la prevedibilità, Moccia gode di un successo strepitoso: tutti lo leggono, tutti guardano i suoi film al cinema e tutti attendono con ansia l’uscita di un suo nuovo libro. Perché? Inizialmente mi sono detta che forse ci troviamo di fronte al classico fenomeno adolescenziale (dopotutto le sue storie parlano di ragazzi molto giovani alle prese con i primi amori), ma se penso che la mia adolescenza l’ho passata a leggere Tolstoj e Dostojevski sinceramente mi viene un po’ da sorridere. Vabbè, forse le mie letture tanto adolescenziali non lo erano e magari, se mi fossi indirizzata su Moccia, forse oggi avrei avuto una visione più allegra e leggera della vita, ma che ci volete fare, ognuno ha i suoi difetti!!!

Ma comunque, per tornare al discorso di prima, i libri di Moccia non fanno altro che metterci di fronte a tutte quelle situazioni che noi tutti vorremmo vivere e che però non abbiamo il coraggio di fare: grandi amori, spesso impossibili e difficili, tra persone così diverse e così lontane tra loro, che nonostante tutto esplodono con tutta la loro forza e regalano quel giusto mix di passionalità e trasporto. Chi non vorrebbe vivere storie così? Chi non vorrebbe amare con tutto se stesso, perdere il lume della ragione, anzi addirittura prendere la ragione e buttarla in un cassonetto, per potersi abbandonare totalmente all’amore?

Ecco il perché di tanto successo. Perché poi, alla fine, quando arriviamo all’ultima pagina e leggiamo il finale, il libro lo chiudiamo, lo riponiamo nello scaffale della nostra libreria e torniamo alla nostra vita di sempre, fatta di quella ragione di cui, dopotutto, non possiamo fare a meno.


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