mercoledì, settembre 24, 2008

Un giorno perfetto

Guardare questo film senza avere letto il romanzo è come mangiare una cassata senza zucchero, o un cannolo senza ricotta; è come guardare un tramonto ad est; è come guidare un auto con il cambio automatico: si può ammirare l’aspetto estetico e cogliere appena le sfumature, ma non si può mai arrivare a cogliere la vera essenza.
Ecco l’effetto di questo ultimo sforzo di Ferzan Ozpetech, regista che tra l’altro ho molto apprezzato in diversi suoi lavori (non tutti a dire il vero…). È come se la telecamera si limitasse a passare superficialmente sulle vite dei protagonisti, senza mai soffermarsi, senza mai addentrarsi, senza mai cogliere il travaglio interiore che li accompagna per tutta la storia ed anche oltre. La vera forza del romanzo sta nell’essere riuscito a raccontare, nel giro di 24 ore, tutta la vita di una serie di personaggi spesso collegati tra loro da un filo assai sottile. In quelle pagine, intrise di passione, tormento, gioia, tenerezza, dolore, incertezza, amarezza, inquietudine e via discorrendo, si trova l’essenza della vita, di quella di ognuno di noi, attraverso le nostre esperienze, i nostri pensieri, i nostri desideri. In un modo o nell’altro finiamo per rivederci riflessi nei pensieri che tormentano i vari protagonisti, come se in quelle pagine si stesse parlando di noi. Ed il libro non finisce lì, perché non appena lo si chiude dopo avere letto l’ultima pagina, ci rimane qualcosa addosso, come se la storia continuasse anche se nessuno si è preso la briga di scriverla; è come se i personaggi continuassero a vivere ed il desiderio di sapere che cosa stiano facendo, come potranno reagire a certe notizie, come continueranno a vivere la loro esistenza… tutte queste cose ci rimangono appiccicate addosso. Insomma la storia del romanzo è così bella che finisce per essere familiare.
Il film invece fugge via, la trama si svolge entro quei 90 e passa minuti e poi si spegne con i titoli di coda, senza lasciare traccia alcuna se non un senso di schifo per come possano esistere certe realtà. Si rimane così, con un senso di vuoto e di incertezza, con una lista affollata di domande senza risposta, con una fitta schiera di “perché” e con il desiderio di dimenticare il più presto possibile.
Ma in fin dei conti lo sapevo, perché nel 99% dei casi i film tratti da romanzi sono deludenti, noiosi, barbosi e dissacranti. Confidavo nella recitazione e nel cast di tutto rispetto, ma anche quella langue: troppi sguardi atoni, troppi primi piani che potrebbero dare di più e che invece sembrano solo una moltitudine di fotografie inespressive messe una accanto all’altra. Forse l’unica che mi è piaciuta è la Sandrelli (anche perché il suo personaggio differisce in qualche maniera da quello del romanzo e quindi l’ho potuta ammirare con maggiore libertà): per il resto tutto tace.
Ma non fatevi influenzare dal mio giudizio: se non avete letto il libro può anche darsi che allora vi piaccia. Ma se lo avete fatto, allora guardatevene bene!
Tutto ciò che mi rimane è il ricordo di quelle pagine ed una canzone, come una colonna sonora, "Perfect day" di Lou Reed (che tra l'altro viene accennata nell'introduzione del romanzo).