lunedì, maggio 28, 2007

Analisi del capionato di calcio 2006/2007


Con l’ultimo verdetto decretato all’ultima giornata che ha visto il Chievo retrocedere in serie B, si è concluso il campionato di calcio 2006/2007. Un campionato atipico questo, che arriva dopo il trionfo ai mondiali di Germania e che per la prima volta si svolge senza la Juventus (che ha trionfato tra i cadetti) e con tante squadre partite con una forte penalizzazione.

L’Inter, come era prevedibile, ha vinto lo scudetto. Certo prevedibile è un termine poco adeguato se accostato alla squadra nerazzurra, capace di perdere scudetti già acquisiti negli anni passati e che tutte le volte che trionfa lo fa sfracellando ogni record di vittorie, punti e via dicendo. La squadra di Mancini ha sicuramente meritato, anche se i dubbi relativi a questa squadra permangono sempre e prima di dire che sia iniziato un ciclo è bene aspettare ancora un po’.

Al secondo posto arriva la Roma di Spalletti e di Totti, la squadra che ha giocato il miglior calcio in Italia.

In Champions vanno anche Lazio e Milan, partite con penalizzazioni, che però hanno recuperato lo svantaggio grazie a prestazioni straordinarie e al crollo disastroso del Palermo nel girone di ritorno. Un applauso particolare va al Milan, che a gennaio sembrava una squadra di vecchietti all’ultima spiaggia e che invece è riuscito a diventare campione d’Europa con merito.

In Coppa Uefa vanno Palermo, Fiorentina (che partiva dal pesantissimo -15) e il sorprendente Empoli.

In serie B finiscono il coriaceo Ascoli, il disastroso Messina (che è riuscito nella difficile impresa di arrivare ultimo in campionato) ed il Chievo, che conclude così la sua bella favola iniziata qualche anno fa.

Molte le squadre da lodare anche in zona retrocessione. Come non parlare dello straordinario campionato della Reggina, partita con -11 e già condannata fin dall’inizio, che grazie alla verve del suo allenatore Mazzarri e alla grinta dei suoi attaccanti Bianchi ed Amoruso, è riuscita a salvarsi all’ultima giornata ma è come se avesse vinto uno scudetto. Un applauso anche al Catania, costretto a giocare per quasi tutto il campionato sempre fuoricasa e senza pubblico, dopo le tristi vicende del funesto derby con il Palermo.

E in ultimo permettetemi di spendere due parole nei confronti del Palermo. Fin dall’inizio di campionato era più che certa la qualificazione alla Champions; a dicembre, visti i brillanti risultati, ben pochi storcevano il naso di fronte all’ipotesi di uno scudetto; ma adesso che tutto è finito dobbiamo essere contenti di questa ennesima qualificazione alla Coppa Uefa che tanto abbiamo snobbato quest’anno fino a mandare allo sbaraglio i giovani della primavera per farli umiliare da squadre più blasonate. È stato un campionato atipico quello dei rosanero, un campionato a due facce.

Durante il girone di andata la squadra di Guidolin era un’autentica machina da gol: lo scatenato Amauri aveva sfracellato il ricordo di Toni e grazie alle sue prodezze segnava e faceva segnare, diventando uno degli attaccanti più forti e completi d’Europa; Di Michele inventava magie e irrideva gli avversari con i suoi dribbling da prestigiatore; Corini piazzava rigori e punizioni; Bresciano e Simplicio si inserivano come lame nel burro e sfondavano le difese avversarie; e persino Biava segnava gol spettacolari. Ma poi qualcosa è successo, qualcosa è cambiato, ed è cambiato nel momento in cui il Palermo ha perso lo “scontro diretto” in casa con l’Inter. All’improvviso la squadra si è resa conto di essere “normale”, di avere dei limiti e di non essere assolutamente all’altezza di uno scudetto. I sogni si sono infranti e dopo qualche attimo di smarrimento la squadra è tornata a puntare il suo obiettivo primario: il quarto posto in campionato. E poi è arrivata la tegola: l’infortunio, grave, ad Amauri.

Può una squadra cambiare completamente assetto con la perdita di un solo giocatore? Teoricamente no perché, a memoria mia, c’è stato un solo giocatore in grado di cambiare completamente una squadra e quel giocatore si chiamava Diego Armando Maradona. Amauri non è Maradona e non è neppure un fuoriclasse (almeno non ancora) eppure la sua assenza si è fatta sentire più del dovuto. Al suo posto è subentrato lo scalpitante Caracciolo, che da mesi faceva la muffa in panchina e che non aspettava altro che un’occasione per entrare e riscattarsi. L’occasione ce l’ha avuta ma a quanto pare non è riuscita a sfruttarla.

Non stiamo qui a fare il processo a Caracciolo, addossandogli tutte le colpe del fallimento della squadra, perché sarebbe ingiusto e sbagliato. In fin dei conti tutta la squadra ha avuto un calo fisico drastico, tutti i giocatori hanno iniziato a giocare al di sotto della loro media. Eppure ci si aspettava di più dall’airone, se non altro dal punto di vista caratteriale. Le qualità tecniche di Caracciolo sono indubbie (altrimenti come si spiegherebbero i bei gol che ha realizzato quest’anno), ma è nel momento in cui deve tirare fuori le palle (e scusate il termine, ma quando ci vuole…) che questo ragazzo si perde e si demoralizza. Quello che gli si rimprovera è l’assenza di mordente, di grinta, di voglia. È come se avesse giocato per tutto il campionato con le valigie già pronte di chi sa che a fine anno cambierà maglia. I fischi del pubblico non lo hanno aiutato ma sono certa che in un’altra città farà sicuramente bene.

L’attacco del Palermo è stata una vera maledizione. È arrivato Cavani che si è subito messo in mostra con due gol belli e importanti, ma poi anche lui si è spento e l’infortunio l’ha fatto nuovamente uscire di rosa. È arrivato Matusiak, centravanti della nazionale polacca, che dopo 3 mesi di tribuna scende in campo, segna e si infortuna. E Di Michele ha lottato contro se stesso impappinandosi nei suoi inutili dribbling.

Alla fine dobbiamo essere contenti di questo risultato, perché anche se fossimo arrivati alla qualificazione in Champions, di certo l’ambiente non è ancora pronto per questo grande salto. La squadra non ha esperienza, l’organico andrebbe rivisitato ed il pubblico è troppo immaturo. Se si vuole arrivare in alto allora occorre anche essere umili e guardare con rispetto gli altri obiettivi. E che l’anno prossimo non venga in mente a nessuno di sbarazzarsi subito di impegni come Coppa Uefa e Coppa Italia che distolgono l’attenzione dagli obiettivi primari. Una grande squadra si vede anche da questo, dal modo in cui gestisce tutti gli impegni. E per gestire tanti impegni ci vuole un buon organico, non solo belle parole!



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