mercoledì, gennaio 02, 2008

La guerra di Troia - capitolo 8 - Il patto di alleanza

Povero Menelao, quale pesante tegola si era abbattuta sulla sua testa: la moglie era scappata via con un principe troiano ed ora non soltanto doveva convivere con il senso di abbandono che gli lacerava il cuore in due, ma doveva anche fronteggiare tutte quelle chiacchiere che lo volevano “cornuto e bastonato”. Sì perché sebbene la versione ufficiale proclamasse a gran voce che si era trattato di un rapimento, lo sapevano tutti che in realtà Elena se ne era andata di sua spontanea volontà, trovando Paride più affascinate e più intrigante del marito. Per giorni e giorni Menelao pianse lacrime di dolore chiuso nella sua stanza, e quando il dolore si esaurì completamente dal suo cuore, emerse un altro sentimento altrettanto forte e lacerante: odio e desiderio di vendetta. Se avesse avuto Paride tra le mani lo avrebbe squartato in due, lo avrebbe fatto morire di morte atroce e violenta, lo avrebbe deturpato e reso irriconoscibile al mondo intero. E se avesse avuto Elena tra le mani… che cosa le avrebbe fatto? A volte pensava di destinarle la stessa sorte, ma altre volte pensava che aveva solo voglia di riabbracciarla e di ricominciare daccapo con lei. Poveretto!

Ma quel gesto non poteva rimanere un fatto personale. Forse era giunto il momento di riesumare quell’antico patto stipulato molti anni prima da tutti i principi greci che aspiravano alla mano di Elena. Nessuno poteva tirarsi indietro, non ci si può sottrarre ad un giuramento solenne fatto davanti agli dei.

Agamennone, fratello di Menelao e re di Micene, sebbene non avesse partecipato al giuramento, gli diede subito il suo appoggio, così come la maggior parte degli altri principi che, nonostante oramai si fossero accasati con altre donne, non vedevano l’ora di combattere in guerra. Mostrare la propria forza e il proprio valore, tornare in patria da eroi con bottini ricchissimi (che in genere consistevano in oro, cavalli e donne bellissime costrette a fare le schiave e a soddisfare ogni desiderio del proprio padrone) era una prospettiva ben più allettante della monotona vita quotidiana! E poi quale uomo avrebbe potuto più dormire sonni tranquilli sapendo che da un momento all'altro chiunque avrebbe potuto rubargli la moglie e coprirlo di vergogna per il resto della vita?

Ma non tutti erano felici di combattere. C’era per esempio Ulisse, re di Itaca, che si era sposato con la bella e fedele Penelope ed aveva appena avuto un bambino di nome Telemaco. Che cosa gliene importava di combattere contro i troiani per riprendersi Elena? Che cosa gliene importava a lui di avere oro, cavalli e schiave bellissime se ad Itaca c’era tutto quello che desiderava? Bisognava evitare questa guerra e lui sapeva come fare. Convinse Menelao ad agire per via diplomatica ed insieme partirono per Troia, chiedendo di parlare con il vecchio e saggio re Priamo.

E il vecchio re Priamo, troppo intimorito per prendere una decisione così forte da solo, si rimise al suo popolo, in quello che sarebbe stato il primo referendum popolare della storia!

Ulisse, che in quanto ad arte oratoria non aveva nulla da invidiare ai nostri attuali politici, cercò di convincere tutti che una guerra sarebbe stata catastrofica, che avrebbe portato solo morte e distruzione, e che se invece avessero restituito Elena al suo legittimo marito, tutti avrebbero vissuto per sempre in pace, felici, contenti e via discorrendo. Ed il popolo troiano, ammaliato dal bel modo di parlare di Ulisse, pendeva dalle sue labbra ed avrebbe fatto qualunque cosa egli avesse detto se solo Menelao, impaziente come un marito tradito nell’orgoglio, non si fosse alzato in piedi e non avesse cominciato a lanciare spergiuri contro il popolo troiano definendolo ladro ed usurpatore. Di fronte all’oltraggiosa offesa i troiani divennero ostili e preferirono la guerra mentre Ulisse, divenuto rosso dalla rabbia, avrebbe volentieri lanciato Menelao tra la folla per essere massacrato. Era giunto ad un passo dal primo storico accordo diplomatico che forse avrebbe insegnato ai popoli futuri quanto siano stupide le guerre, ed invece quello sciagurato aveva rovinato tutto a causa del suo smisurato bisogno di vendetta.

Ma ancora Ulisse non si rassegnava alla partenza e si arrovellava la mente alla ricerca di un altro stratagemma.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Uh, interessante. Non sapevo questa parte della storia: è di una tale modernità. Il referendum popolare, Ulisse che stava riuscendo ad arrivare all'accordo. Peccato che Menelao ha rovinato tutto, ma forse voleva davvero la guerra per uccidere Paride.

cassandra ha detto...

Se consideri che ancora oggi c'è chi preferisce fare guerre piuttosto che agire per via diplomatica, allora non ce la faccio a biasimare Menelao che aveva, come dici tu, un gigantesco desiderio di vendetta!